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Area privata: quando si può chiudere con una sbarra


I casi in cui è lecito limitare gli accessi alla proprietà esclusiva, tenendo conto dei diritti di passaggio dei terzi e delle servitù ad uso pubblico della strada.

Hai un cortile o un piazzale di proprietà privata e vorresti chiuderlo con una sbarra metallica, per evitare l’ingresso non autorizzato di veicoli o altre intrusioni. Prima di tutto devi chiederti se puoi farlo oppure no e in caso positivo a quali condizioni, in particolare se è necessario chiedere permessi o autorizzazioni.

La tua domanda fondamentale è quando si può chiudere un’area privata con una sbarra ma la soluzione dipende dai fattori che ora esamineremo. Poi, una volta risolta questo quesito, potrai passare al come potrai farlo, ad esempio se con una sbarra manuale e dotata di lucchetto oppure automatica ed elettrica, azionata con un telecomando, ed, ancora, se vuoi adottare una soluzione che consenta il transito ai pedoni e impedire l’accesso ai soli autoveicoli.

Inoltre, vorrai sapere se dovrai dare le chiavi o il telecomando a qualcuno autorizzato ad accedere ed anche se per avvertire i passanti sarà sufficiente un cartello apposto sul luogo o se dovrai dare altri avvisi, anche alle autorità locali.

Innanzitutto, devi sapere che per la legge chiudere un passaggio significa vietare l’accesso: il fatto che la proprietà dell’area interna sia interamente privata ed esclusivamente tua (oppure condominiale) non significa che non possano esserci altri soggetti titolari di un vero e proprio diritto a passare e che non potresti comprimere. Ma l’installazione di una sbarra costituisce anche un manufatto che potrebbe rilevare sotto il profilo edilizio e dunque comportare la necessità di un permesso a costruire, a pena di sanzioni e di demolizione.

Esaminiamo in dettaglio tutti questi aspetti.

La strada di accesso all’area privata

Occupiamoci innanzitutto del caso in cui anche la strada di accesso, e non soltanto l’area interna, sia privata.

Quando una strada è privata si può chiudere con sbarre o cancelli a meno che non sia adibita anche a pubblico transito. In quest’ultimo caso la strada è gravata da una servitù di uso pubblico che è un vero e proprio diritto, riconosciuto dalla legge, ad utilizzare la via per il passaggio, che potrà essere, a seconda dei casi, pedonale o carrabile.

In tale ipotesi, se metti la sbarra senza preoccuparti dei diritti altrui di accesso potresti subire non solo le sanzioni amministrative per aver eseguito un opera non autorizzata, ma anche l’azione possessoria di spoglio ed essere costretto a ripristinare la situazione preesistente, oltre che a risarcire gli eventuali danni arrecati.

Per sapere se sulla via esiste un uso pubblico è sempre opportuno informarsi preventivamente presso gli uffici tecnici comunali, per evitare errori, e considerare gli eventuali diritti di passaggio ben noti e ormai acquisiti da chi, per esempio, ha necessità di passare proprio da quella strada per accedere al suo fondo, negozio, ufficio e non dispone di vie alternative agevoli.

In alcuni casi – ad esempio se c’è la presenza di abitazioni, insediamenti commerciali o industrie – occorre anche garantire l’accesso ai mezzi delle forze dell’ordine e di soccorso, quindi non si può chiudere a cuor leggero precludendo la possibilità di ingresso ad autovetture della polizia, dei vigili del fuoco o delle ambulanze. In proposito leggi anche “strada comunale di uso pubblico: si può chiudere?”.

L’area esclusivamente privata

Una volta risolto il problema del tipo di strada, possiamo esaminare l’area interna. Ai fini del nostro problema della sbarra non ha importanza la fisionomia e la tipologia, cioè se si tratti di uno spiazzo erboso, di un cortile interno tra palazzi, di una corte recintata o di un qualsiasi altro tipo di terreno: quello che conta è che la sua proprietà sia privata ed appartenga interamente a chi sta decidendo di installare la sbarra.

Talvolta viene in rilievo anche la sua destinazione, come nel caso di un cortile condominiale adibito, anche solo in parte a parcheggio degli autoveicoli dei condomini, dove bisogna consentire la pari fruizione e quindi garantire l’accesso a ciascuno degli aventi diritto ad occupare i posti, anche quando essi non sono assegnati individualmente in esclusiva.

Comprenderai che è ben diverso il caso di chi dalla strada pubblica ha un accesso alla sua casa estiva di proprietà esclusiva (nel qual caso potrà installare liberamente qualsiasi sbarra o cancello, salvi gli eventuali diritti di passaggio di terzi cui prima abbiamo accennato) dal caso di chi ha una villetta plurifamiliare o un condominio e per decidere dovrà ottenere il consenso degli altri comproprietari dell’area comune.

Come anche un’azienda o fabbrica che dispone di un piazzale interamente di sua proprietà dovrà regolarsi in maniera diversa se l’area viene in qualsiasi modo utilizzata anche da altri, e dunque ottenere l’assenso degli occupanti dei fabbricati, capannoni o magazzini che insistono sulla stessa area, magari perché affittuari e dunque titolari di un diritto di passaggio pur non essendo proprietari della superficie su cui avviene il transito, come vedremo tra poco.

L’area privata condominiale

Nel caso del condominio si ha una proprietà condivisa, regolamentata dalle norme sulla comunione per garantire la pari facoltà d’uso degli spazi comuni e condivisi.

L’apposizione di una sbarra è considerata dalla giurisprudenza prevalenze non un’innovazione tale da richiedere una maggioranza di approvazione qualificata, bensì una modifica migliorativa dell’uso della cosa comune, per la quale basta la maggioranza semplice in assemblea, cioè la maggioranza degli intervenuti che rappresentino almeno la metà dei millesimi di proprietà dell’edificio. In proposito, puoi leggere anche “sbarra e cancelli in condominio: quale maggioranza in assemblea”.

Sbarra d’accesso: quando è lecita

Abbiamo visto che quando si preclude l’accesso con un ostacolo fisico come una sbarra bisogna sempre fare i conti con gli eventuali titolari di un diritto di passaggio. Se ci sono, esiste una soluzione abbastanza semplice per poter chiudere la strada e nonostante ciò preservare il loro diritto: consegnargli copia delle chiavi, o del telecomando.

Questa soluzione ha il vantaggio di impedire l’accesso ai soggetti non autorizzati, consentendolo invece, senza porre un particolare ostacolo o disagio, a chi può farlo. In tali casi in cui esiste un diritto di passaggio – che può essere riconosciuto anche per il solo fatto del suo esercizio materiale e consuetudinario – la giurisprudenza ritiene lecito chiudere l’accesso con sbarre o lucchetti a queste condizioni. La scelta del metodo di chiusura (sbarra manuale o elettrica, o anche una semplice catena lucchettata) spetta comunque al proprietario dell’area.

Autorizzazioni e permessi pubblici

L’installazione di una sbarra metallica non richiede la necessità del permesso a costruire. Lo ha stabilito una recentissima sentenza del Tar Lombardia [1] che inquadra l’opera nell’attività di manutenzione ordinaria, che come tale consente la recinzione della proprietà privata senza dover richiedere preventivi assensi al Comune di competenza.

Nel caso deciso dai giudici lombardi si trattava di una sbarra apposta a protezione del cortile interno di un fabbricato, al quale si accedeva da una strada privata. Il Comune aveva impartito un ordine di demolizione ma il giudice amministrativo ha ravvisato che questo tipo di intervento non richiedeva il preventivo rilascio del permesso a costruire ma «per la sua tipologia e l’irrilevanza dell’impatto (trattasi di sbarra metallica, infissa al suolo, di modesta lunghezza, è riconducibile all’attività di manutenzione ordinaria ed esplicazione del diritto di lecita recinzione della proprietà privata».

È confermato, quindi, il principio già affermatosi in giurisprudenza secondo cui per la sbarra su strada privata non serve l’autorizzazione del Comune. Inoltre, nella vicenda decisa dal Tar Lombardia mancava la prova della costituzione di servitù ad uso pubblico e quindi non c’erano diritti di passaggio di terzi da garantire.

note

[1] Tar Lombardia, Sez. 2°, sent. n. 1330/20 del 16 luglio 2020